martedì 30 aprile 2013

Mash up! La nobile arte del Remix

Salvador Dalì e Disney
 Prendete una tela di Salvador Dalì e tagliatela a cubetti, aggiungete 3 metri di pellicola di un noto film di Hitchcock e aggiungete almeno 30 secondi di Pink Floyd, frullate tutto e il  risultato di questa ricetta e' un cortometraggio secondo lo stile mash up! 
Si tratta di una nuova forma espressiva basata sulla conoscenza del linguaggio cinematografico e sulla  contaminazione delle arti.
Il mash up e' un montaggio di immagini e suoni estratti da fonti diverse che vengono trasformate, mixate e assemblate per dare vita a opere diverse.
Il remix, nato prima in ambito musicale, ora miscela contenuti audiovisivi differenti con l'ausilio di nuovi messaggi crossmediali.
Spesso i mash up artists sono accusati di plagio e di violazione delle norme sul diritto d'autore, anche se in realta' questi artisti pur utilizzando frammenti famosi di film, canzoni, immagini, rielaborano e trasformano il materiale e il risultato finale e' un'opera completamente nuova!
Questa nuova forma d'arte trae le sue radici dalle avanguardie storiche, ma soprattutto e' il frutto della globalizzazione, della rivoluzione digitale e dei social network che hanno permesso la connessione e la condivisione in tempo reale di contenuti di ogni tipo.
Il mash up e' figlio della societa' contemporanea frenetica e folle dove i sentimenti e le emozioni si consumano in fretta ed anche la moda dura un attimo. 
Come disse il noto scienziato francese Antoine-Laurent de Lavoisier:
...nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma!
Per tutti gli amanti della sperimentazione artistica e' in arrivo a Roma dall'8 all'11 maggio la seconda edizione di MAshRome FilmFest, festival italiano dedicato al Mash up e alla cultura del Remix, ideato e diretto da Mariangela Matarozzo e Alessandra Lo Russo, presso l’Aranciera di San Sisto e l’Istituto Cervantes.

Salvador Dalì e Hitchcock

Post di Maria Milani

giovedì 25 aprile 2013

Fotomontando, la fotografia di guerra tra artificio e realta'

I PARTE
Post di Maria Milani
<<Fotografare significa "scrivere con la luce": scrivere, cioe' segnare, significare, distribuire la luce sulla realta' in modo che colpisca con intensita' differenziata il marmorizzato dato del quotidiano, chiamarlo in vita nel chiaroscuro.>> (FERRAROTTI, 1974:30)
La fotografia e' un fondamentale strumento di comunicazione che ha dato vita ad altri importanti media quali il cinema e la tv, alimentando con successo il settore della stampa illustrata fino ad essere assorbita anche dalla rete di internet.
Da quando Niepce riuscì a fissare il suo primo "point de vue",  punto di vista, dopo lunghe ore di posa dalla finestra della camera del fratello a Gras, in Francia, nel lontano 1822, molti libri sono stati scritti sulla fotografia, sulla sua storia, sul rapporto tra fotografia e pittura. Fiumi di inchiostro sono stati versati per stabilire se al "nuovo medium" spettasse il titolo nobiliare di Arte. Sono state stampate in tutte le lingue del mondo migliaia di pagine di manuali, più  o meno in-utili, desiderosi di insegnare a fare fotografia. Ma che cos'e' veramente la fotografia, che rapporto intrattiene con la realta', perche' puo' essere così facilmente manipolata, modellata?
La fotografia fin dalle sue origini e' stata subito assorbita dagli altri media, ma cosa succede se una fotografia falsa o manipolata entra in un circuito d'informazione, che effetti puo' avere sulla conoscenza del mondo che ci circonda? E' nata cosi la curiosita' di esplorare un aspetto della fotografia che tutti i libri su di essa affrontano in maniera vaga e indiretta, cioe'  la manipolazione fotografica applicata alla fotografia giornalistica di guerra.
La fotografia viene collocata tra l'artificio e la realta', perche' essa sembra avere un rapporto privilegiato con la realta', data la somiglianza che puo' esserci tra l'oggetto fotografato e la sua immagine riprodotta. Sappiano pero', che la fotografia non e' una registrazione obiettiva del mondo in cui viviamo, dal momento che le tecniche di manipolazione nascono con la fotografia stessa e anche qualora non vengano applicate, l'immagine fotografica e' comunque il frutto di una selezione da parte del fotografo; infatti egli non potendo riprendere una scena nella sua interezza, sceglie cio' che ritiene piu' importante. Di certo la fotografia, almeno quella analogica, non puo' essere identificata neanche con la finzione, a causa di cio' che Roland Barthes chiama "referente fotografico", cioe' "non gia' la cosa facoltativamente reale a cui rimanda un'immagine o un segno bensì la cosa necessariamente reale che e' stata posta dinanzi all'obiettivo, senza cui non vi sarebbe fotografia alcuna" .
(BARTHES, 1980:77)
La nascita della fotografia digitale mette in crisi proprio questa assoluta certezza dell'esistenza di un "referente fotografico". Come possiamo assolutamente essere certi che qualcosa sia veramente esistito davanti all'obiettivo per poter essere riprodotto fotograficamente, se l'immagine digitale nasce e viene diffusa sotto forma di bit e puo' essere sottoposta a raffinate tecniche di manipolazione digitale tali da creare anche oggetti che esistono solo nella mente del loro inventore?
La fotografia digitale, la cui unita' fondamentale non e' piu' la molecola, ma il bit sembra abbandonare la propria materialita' per assumere una dimensione immateriale che le fa spiccare il volo verso il mondo della finzione senza mai raggiungerlo veramente.

Riferimenti bibliografici
Barthes, Roland
1980      La chambre claire. Note sur la photographie, 1° ed, Gallimard, Seuil, (tr. it. di Renzo Guidieri,
              La camera chiara. Nota sulla fotografia, Einaudi, Torino, 1980, 2° ed 2003).
Ferrarotti, Franco
1974.      Dal documento alla testimonianza. La fotografia nelle scienze sociali, 1° ed, Liguori, Napoli.




sabato 20 aprile 2013

Hands, Barcellona. Le mani sono il simbolo della crisi

URBAN LIFE #8

Una mano cerca monete dentro una cabina telefonica, un'altra stringe un cappio, un'altra chiede l'elemosina a  fianco ad un cartello con la scritta "Help Spain", un'altra mano a forma di pistola spunta minacciosa da un bancomat rivolta verso il povero cliente che sta prelevando i soldi...di chi sono queste mani? 
Mani disperate, delinquenti, povere mani senza corpo e proprio per questo appartenenti a chiunque...
Si tratta di un progetto di denuncia sociale da parte di un gruppo di artisti spagnoli che hanno posizionato decine di mani di silicone per le vie e le piazze di Barcellona. Un modo interessante per descrivere le crisi economica partendo dal centro urbano e dai luoghi della quotidianità.
I creatori sono quattro giovanissimi artisti catalani: Octavi Serra, Mateu Targa, Daniel Llugany e Pau Garcia. 
La mano che mi ha colpito di più, quella che secondo me rappresenta meglio la crisi e' la mano che stringe tra le dita una banconota da 5 Euro. Proprio l'Euro sembra l'emblema dell'attuale crisi economica. Il sogno della moneta unica si e' trasformato in un incubo non solo per la Spagna, ma anche per l'Italia, la Grecia e Cipro.














Post di Maria Milani

martedì 16 aprile 2013

What's Justice?

L'Urlo di Munch
Una volta, un cucciolo di leopardo si perdette nella steppa e un elefante, per caso, lo calpesto'. Poco dopo il cucciolo fu trovato morto e la notizia fu portata al padre di lui. 
"Il tuo piccolo e' morto", gridarono al vecchio leopardo 
"Lo abbiamo trovato nell'erba, giù' nella valle".
Il leopardo ruggì di dolore e di collera. "Chi l'ha ucciso? Ditemi chi l'ha ucciso, perché io mi possa vendicare".
"E' stato l'elefante".
"L'elefante?"
"Sì, l'elefante".
Il vecchio leopardo si fece pensieroso, ma dopo un momento disse: "No, non e' stato l'elefante. Sono state certamente le capre. Sono state le capre! Ma vedrete come mi vendicherò!".
E il vecchio leopardo, infiammato di sacrosanta collera, corse sul colle dove pascolavano le capre e sbranò tutto il gregge."




Fonte sconosciuta

Post di Maria Milani 

venerdì 5 aprile 2013

Jeans Artist Ian Berry

Dimenticate tela, tempere e pennelli...ora  i nuovi ingredienti dell'arte sono brandelli di jeans di colori diversi tagliati, incollati e cuciti  tra loro cosi da creare ritratti e paesaggi di grande effetto! Quindi...se siete stanchi dei vostri jeans, non buttateli via, ma donateli a Ian Berry che li trasformerà nel ritratto bellissimo di James Dean o nel volto affascinante di Marilyn Monroe oppure in paesaggi metropolitani.  Il suo progetto artistico si chiama Denimu, come Denim, il tessuto usato per realizzare i jeans. Un tessuto "povero" elevato ad opera d'arte!

Andate a curiosare sul sito internet ufficiale di Ian Berry














Post di Maria Milani