Con i suoi vestiti avrebbe risollevato gli animi. Pizzo e batista, georgette e rasatello, tulle e zibellina. Abiti che ondeggiavano e danzavano, che cantavano e ridevano.
Che diventavano il corpo stesso che li indossava, trasformandolo in una scultura vivente.
La sarta di Dachau
Mary Chamberlain
Garzanti | gennaio 2016 | 319 pagine | 16,90€
*Ringrazio la casa editrice Garzanti per avermi inviato una copia cartacea in cambio di un'onesta opinione sul libro*
Londra, 1939. Ada Vaughan non ha ancora compiuto diciotto anni quando capisce che basta un sogno per disegnare il proprio destino. E il suo è quello di diventare una sarta famosa, aprire una casa di moda, realizzare abiti per le donne più eleganti della sua città. Ha da poco cominciato a lavorare presso una sartoria in Dover Street, e la vita sembra sorriderle.
Un viaggio imprevisto a Parigi le fa toccare con mano i confini del suo sogno: stoffe preziose, tagli raffinati, ricami dorati. Ma la guerra allunga la sua ombra senza pietà. Ada è intrappolata in Francia, senza la possibilità di ritornare a casa. Senza soldi, senza un rifugio, Ada non ha colpe, se non quella di trovarsi nel posto sbagliato.
Ma i soldati nazisti non si fermano davanti a niente. Viene deportata nel campo di concentramento di Dachau. Lì, dove il freddo si insinua senza scampo fino in fondo alle ossa, circondata da occhi vuoti per la fame e la disperazione, Ada si aggrappa all’unica cosa che le rimane, il suo sogno. L’unica cosa che la tiene in vita. La sua abilità con ago e filo le permette di lavorare per la moglie del comandante del campo.
Gli abiti prodotti da Ada nei lunghi anni di prigionia sono sempre più ricercati, nonostante le ristrettezze belliche. La sua fama travalica le mura di Dachau e arriva fino alle più alte gerarchie naziste. Le viene commissionato un abito che dovrà essere il più bello della sua carriera. Un vestito da sera nero, con una rosa rossa.
Ma Ada non sa che quello che le sue mani stanno creando non è un abito qualsiasi. Sarà l’abito da sposa di Eva Braun, l’amante del Führer…
Il pensiero di Blog Expres
Ho scelto di leggere "La sarta di Dachau" perchè in occasione della Giornata della Memoria avevo voglia di un libro sul tema dell'Olocausto che avesse un punto di vista diverso e originale, visto che la letteratura sul tema è davvero vasta.
Innanzi tutto va precisata una cosa: il libro di Mary Chamberlain non è un libro sull'Olocausto, dal momento che Ada, la protagonista non è ebrea e durante tutto il libro non ci sarà neanche l'ombra di un ebreo nonostante Ada sia internata a Dachau... "La sarta di Dachau" è piuttosto un libro sulla Seconda Guerra Mondiale vista attraverso gli occhi giovani di una ragazza che ha vissuto sulla sua pelle gli orrori della guerra.
Devo dire che l'idea di base di Mary Chamberlain era davvero buona, anzi ottima, ma purtroppo non sono riuscita ad apprezzare il modo in cui è stata sviluppata.
Era ancora magica: un tocco della sua bacchetta e ciò che era scialbo diventava sensazionale, il corpo un paesaggio di sogni e desiderio.
"La sarta di Dachau" sembrava avere tutte le carte in regola per essere drammatico e profondo al punto giusto... Amo i romanzi drammatici e avevo tanta voglia di piangere, di riflettere, di discutere! Invece mi sono trovata di fronte ad una storia che mi è sembrata costruita a tavolino, improbabile dalla prima all'ultima riga... Dubito che il libro sia ispirato ad una storia vera o che l'autrice abbia consultato delle fonti al di fuori dei libri di scuola, e con ciò intendo il racconto diretto di testimoni che hanno vissuto la guerra.
Quando ero piccola mi ricordo i racconti di mia nonna che ha vissuto la guerra a casa sua in un piccolo paese nella provincia di Roma eppure mi parlava di fame, di stenti, di paura... Mi ha raccontato dell'arrivo dei Tedeschi e dei rastrellamenti durante i quali sono morti alcuni suoi paesani... Quelli di mia nonna erano racconti terrificanti, da brivido, ma soprattutto erano reali..
Durante la lettura de "La sarta di Dachau" non ho versato neanche una lacrima, ma ho iniziato ad innervosirmi fin dalle prime righe.
La protagonista Ada è una sciocca che commette delle azioni assurde che non ho condiviso neanche un pò... Tanto per dirne una: incontra a Londra un certo Stanislaus, un presunto Nobile di origine austro-ungarica, facoltoso e di bei modi. Di lui non sa praticamente nulla eppure, non solo si invaghisce di lui, ma si lascia convincere a lasciare Londra, il suo lavoro di sarta senza avvisare la sua famiglia, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale... E da lì iniziano una serie di assurdità che mi hanno lasciato sempre più perplessa, pagina dopo pagina...
Scoppiata la guerra, i due fuggono di nuovo, questa volta da Parigi verso il Belgio per mettersi in salvo e l'unica preoccupazione di Ada sono i tessuti e i vestiti che ha dovuto lasciare a Parigi, invece di preoccuparsi della sua incolumità oppure della sua famiglia... Ma!
L'unica nota positiva del libro è lo stile di scrittura dell'autrice che è molto scorrevole, nonostante abbia scelto di non suddividere il libro in capitoli, scelta narrativa che mi è sembrata un pò antiquata , ma che non ha appesantito la scorrevolezza della storia resa già abbastanza assurda nei contenuti...
Tutti erano sciatti in tempo di guerra: vestiti vecchi, toppe e rammendi.
Forse conservavano le cose migliori per l'armistizio.
Nota sull'autrice: Mary Chamberlain si è laureata in scrittura creativa presso l’Università Royal Holloway di Londra dove ora vive con il marito, ed è Professore Emerito di Storia presso la Oxford Brookes University. Il suo primo romanzo La sarta di Dachau, è diventato un caso editoriale venduto in numerosi Paesi ancora prima della pubblicazione. A gennaio uscirà con un lancio internazionale coordinato.
Post di Maria Milani
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